mercoledì 27 febbraio 2013

In Massoneria si parla di speleologia

La Società Adriatica di Speleologia si fa notare ancora.
Infatti, vuoi per la giovinezza ed il carisma dei suoi membri, vuoi per la qualità del suo operato, è stata invitata più volte ed in svariati ambienti, a presentare il documentario della National Geographic “Alla Ricerca del Fiume Nascosto” (regista Tullio Barnabei), alla quale realizzazione ha partecipato.
Questa volta però, martedì 19 febbraio, alle ore 20, la consueta presentazione, si è tenuta in uno degli ambienti più particolari di Trieste: l’ “Associazione Ricerche Storiche espressione del Rito Scozzese Antico ed Accettato” presso il Circolo Gymnasium, in Corso Umberto Saba.
Ma qual è il nesso, ci si chiederà, tra l’ARS, il documentario e, soprattutto, l’Adriatica?
E come hanno fatto questi giovani e volenterosi “Grottenarbaiter”, ad inserirsi ed a far sentire la propria voce anche in questa ristretta cerchia di persone?
L’Associazione Ricerche Storiche è, come si autodefinisce, “un gruppo di uomini liberi da ogni pregiudizio che, ripudiando ogni concezione astratta e dogmatica, intendono affrontare le loro ricerche con criteri strettamente storici, nei campi più diversi”.
Ed ecco il collegamento.
La ricerca del Timavo, obiettivo perpetuato con passione e perseveranza dalla Società Adriatica, è una “ricerca storica”, ma non solo: essa è un concetto intrinseco di simbolismi ed ancestrali significati; il Fiume Nascosto, con le sue acque pure e tumultuose, è metafora non solo di Vita ma, soprattutto, di Valori Umani, di Verità e di Conoscenza, ormai celati nell’oscurità della nostra cinica società, dedita e fedele all’intolleranza ed alle discriminazioni.
La serata è stata introdotta da Giuseppe Antonione dell’ARS: con un breve ma ricercato discorso, permeato d’orgoglio triestino, l’uomo ha delucidato ai presenti, soprattutto a chi di Timavo e grotte non è un esperto, i temi principali del documentario e le motivazioni che spingono arditi speleologi a calarsi nelle viscere della Terra.
Citando un’emblematica espressione alchemica “Visita l’interno della Terra e, rettificando, troverai la Pietra Nascosta”, conclude e passa la parola al produttore del documentario in questione.
Michele Milossi, fondatore della casa di produzione “Fantastificio” di Trieste, ha partecipato attivamente alle riprese del film e presa parola, ricordando le immense fatiche per trasportare le tonnellate di materiale per decine di chilometri di pozzi e gallerie ipogei, ha ringraziato profondamente tutti gli speleologi che hanno aiutato a compiere quest’immensa impresa.
Anch’egli ha concluso il suo discorso con un’espressione paradigmatica, sicuramente sentita e condivisa da tutti gli speleologi: “La speleologia è una disciplina meravigliosa ed incomprensibile; in nessun luogo faticherai quanto in grotta, ma è una fatica sana, che fa bene allo Spirito.”
Conclusasi la presentazione del film, tra plausi ed espressioni compiaciute, ha preso, finalmente, la parola il protagonista della serata: Marco Restaino.
Marco Restaino, classe 1983, massone e membro della Società Adriatica di Speleologia, è uno dei più giovani ed attivi ricercatori del Timavo.
Tra i protagonisti del film della National Geographic, sa far parlare di sé in svariati ambiti ed a quanto pare, si sta facendo notare non solo nell’ambiente speleologico, ma anche in situazioni autorevoli come l’Associazione Ricerche Storiche, realtà triestina del culto massonico.
Grazie alla sua famigliarità con i “fratelli” presenti ed alla sua risaputa cultura riguardante il Reka, ha sapientemente illustrato il suo punto di vista nei confronti degli argomenti del documentario, dedicandosi non tanto alla parte puramente prosaica del tema, ma incentrandosi sulle persone che indirizzano la propria vita a cercare e studiare il Fiume Nascosto.
-La parola chiave della serata è “Ricerca”- spiega Restaino – intesa non solo come ricerca pratica delle Acque, ma come “Ricerca” di sé stessi e della Verità insita in ognuno di noi.
La grotta non dev’essere vista come uno spazio oscuro, saturo di pericoli e fatica; essa è un luogo solenne, un perfetto gabinetto di riflessione naturale.-
La serata si è conclusa in un clima di letizia e fratellanza; i presenti sono tornati a casa con il cuore più leggero, sicuri del fatto che esistono ancora dei giovani per i quali la Passione è la fiamma ed il motore dell’intelletto e della vita stessa, e che rappresentano con onestà e decoro i principi che l’Associazione Ricerche Storiche e la Società Adriatica di Speleologia portano avanti.

(Testo di Giorgia de Colle)

Un momento della serata divulgativa

Wassergalleria a Longera

In data 27 gennaio 2013 avevamo pubblicato la notizia relativa al ritrovamento di una galleria artificiale nella zona di Longera, cavità rintracciata in seguito alla segnalazione di un'abitante del luogo.
Dopo un breve scavo era stata localizzata, infatti, una gettata in cemento nella quale si apriva un piccolo foro, che aveva permesso di vedere come effettivamente ci fosse un ambiente sotterraneo accuratamente murato e ostruito.
E' stato necessario un po' di lavoro con il demolitore, ma alla fine siamo potuti entrare nella galleria. Si tratta di un cunicolo luingo complessivamente 25 m che, al suo ingresso, presenta ingenti lavori di chiusura e irrobustimento. La parte interna, invece, non è rivestita e si presenta realizzata nella nuda roccia. E' da segnalare anche la presenza di infiltrazioni e gocciolamenti di acqua.
L'analisi del manufatto ha portato a queste conclusioni: si tratta quasi sicuramente di un cunicolo scavato nella roccia marnoso/arenacea a fini idraulici (wassergalleria), per raccolgiere la poca acqua presente all'interno degli strati impermeabili del terreno. In seguito, nel corso della seconda guerra mondiale, la galleria è stata attrezzata, all'entrata, con delle strutture in cemento armato, e quindi utilizzata quale ricovero antiaereo.

Ritrovamenti di questo tipo risultano sempre estremamente interessanti e dimostrano come si possano fare ancora importanti scoperte in un terriotrio, quello triestino, che può riservare ancora molte sorprese.
I dati della cavità verranno quanto prima consegnati al Catasto Cavità Artificiali SSI del Friuli Venezia Giulia.




domenica 24 febbraio 2013

Hells Bells Speleo Award 2013

La serata del 21 febbraio 2013 ha visto lo svolgimento a Trieste dell'iniziativa intitolata Hells Bells Speleo Award 2013, concorso cinematografico dedicato al documentario di speleologia. 
L'Adriatica ha partecipato con due lavori: Proteus Evolution di Edgardo Mauri e Luftlocher di Massimiliano Blocher.
La serata ha permesso di visionare interessanti filmati, alcuni anche molto validi.
Non abbiamo avuto nessun riconoscimento, ma alla fine non era questo l'obbiettivo, anche considerando che con Proteus Evolution avevamo appena vinto un premio internazionale.
Forse l'unico commento da farsi è relativo alle tipologie di appartenenza dei filmati presentati. Alcuni sono prodotti dal taglio professionale, realizzati con attrezzature e tecnologie di alto livello. Altri sono invece frutto dell'entusiasmo di dilettanti, che mettono in gioco la loro originalità con mezzi ridottissimi. Forse prevedere due categorie distinte non sarebbe un'idea malvagia.

lunedì 18 febbraio 2013

La SAS su RAI 3

Il tutto si è svolto in tempi brevissimi. Martedì siamo stati contattati dal giornalista di RAI 3 Mario Rizzarelli per vedere se era possibile fare delle riprese all'interno dei Sotterranei dei Gesuiti, sotto la chiesa di Santa Maria Maggiore. Giovedì sera, ottenute le autorizzazioni, sono state fatte le interviste e le registrazioni. Il venerdì è stato speso per fare il montaggio e sabato, alle ore 12.30 la trasmissione è stata presentata all'interno della rubrica "Il Settimanale".
Nonostante la rapidità con cui si sono svolti gli eventi, il prodotto finale è decisamente buono.

Un grazie quindi al giornalista Mario Rizzarelli, al cameramen, ai montatori M. Coloni e W. Turcovich, a RAI 3 e ai soci che sono stati intervistati.


sabato 2 febbraio 2013

Effetto Blocher

Domenica 16 ottobre 2012 siamo scesi in Luftloch e di quest’uscita abbiamo lasciato una breve relazione in uno specifico post.
Detta relazione finiva, però, con una frase abbastanza sibillina che diceva: “…i nostri occhi increduli hanno avuto bisogno di qualche minuto per abituarsi e accettare lo spettacolo unico della natura cui stavamo assistendo…”. Si precisava, infine, che quanto prima sarebbero state pubblicate le immagini dello strano fenomeno che abbiamo osservato.
Bene, è giunto finalmente il momento di svelare cosa abbiamo visto quel giorno, sul fondo della Luftloch. Non l’avevamo ancora fatto semplicemente perché non eravamo sicuri di riuscire a evidenziare in modo appropriato le forti sensazioni provate che, trasportate dal profondo della grotta allo schermo di un computer, potevano risultare ridotte, distorte, se non addirittura travisate.
Riprendiamo quindi il discorso facendo una breve introduzione.
Tutti sanno che, in ambiente carsico, l’acqua che cade in superficie scende lentamente in profondità attraverso le fessure della roccia. Queste fessure possono essere di dimensioni ridotte o possono anche essersi allargate nel corso dei millenni, fino a diventare quelle che noi chiamiamo grotte.
L’abisso denominato Luftloch è una cavità che presenta varie caratteristiche: come ogni altra grotta partecipa in qualche modo a trasportare in profondità l’acqua piovana che cade in superficie, ma risente anche delle piene del fiume Timavo sotterraneo, che quando alza il suo livello provoca forti correnti d’aria in uscita dal suo ingresso.
Si tratta di fenomeni che di norma convivono e che, nella stragrande maggioranza dei casi, non interferiscono l’uno con l’altro.
Vi possono essere, però, alcune sporadiche circostanze che, a causa della concomitanza di più fattori, producono effetti strabilianti.
Domenica 16 ottobre 2012 si è presentata una di queste strane eccezioni. La situazione era la seguente: grandi piogge in territorio sloveno avevano portato a una piena del fiume Timavo. L’acqua si era riversata nelle gallerie che scorrono sotto il Carso causando un rapido innalzamento del livello delle acque sotterranee. Questo innalzamento aveva portato, in alcune cavità che noi chiamiamo “timaviche”, alla creazione di forti correnti d’aria in uscita dalle stesse. Flussi di una certa entità (anche se non eccezionali) erano riscontrabili all’abisso di Trebiciano, alla Grotta di Lazzaro Jerko ed anche alla Luftloch che, pur non avendo ancora raggiunto il Timavo (nonostante più di dodici anni di scavi) presenta un collegamento certo con il fiume sotterraneo.
Nella stessa giornata era riscontrabile anche una notevole piovosità localizzata su tutto il Carso, con una grande quantità d’acqua che scendeva dalla superficie verso il basso, che nella Luftloch si concretizzava in un bel torrentello che seguiva i pozzi e i cunicoli fino all’attuale fondo (punto in cui si continua a scavare).
I passaggi in cui può infilarsi l’aria in pressione possono essere più di uno, così come quelli attraverso i quali l’acqua scende in profondità, ma all’interno di questa grotta, alla quota di circa 245 m di profondità, si vede che il passaggio è solamente uno.
L’acqua del torrentello, dopo aver disceso pozzi e percorso cunicoli, si gettava nel pozzetto finale di tre metri, da noi scavato allargando una piccolissima fessura. L’aria sospinta dalla piena, saliva verso la superficie infilandosi anch’essa nella stessa stretta spaccatura.
Era questo il punto fatidico dell’incontro dei due elementi: acqua in discesa e aria in salita. 
Detto così sembra una cosa quasi banale, ma bisogna immaginare cosa si è presentato, in realtà, agli occhi dei due esploratori (Marco Restaino e Massimiliano Blocher): il pozzetto quasi completamente riempito d’acqua (più di due metri) con alla sua base una potente fuoriuscita d’aria in pressione.
La prima impressione è stata quella di un grande “idromassaggio” dove l’acqua era sconvolta dalla furia dell’aria. Poi le immagini si sono rincorse pensando a una buffa “lavatrice carsica”, a un “autolavaggio speleologico”… In realtà si trattava di un grande fenomeno naturale, un delicato equilibrio fra acqua e aria, forse unico nel suo genere e comunque veramente raro. Il forte rumore dell’acqua che gorgogliava, le tante bolle, i sibili dell’aria, gli schizzi, i brombolii che si potevano sentire in quel momento, quasi la vibrazione di quelle strette pareti e la sensazione della grande forza espressa dalla natura, rimarranno per sempre scolpiti nel ricordo dei due esploratori.

Alla fine di questa relazione abbiamo inserito un filmato che, dopo aver vagliato tutto il materiale disponibile, è quello che rende meglio quanto vissuto in quei momenti. Ovviamente bisogna pensare di essere a 245 m di profondità, in un cunicolo alla base di pozzi battuti da un torrente, bisogna immaginare il rumore, l’aria intrisa di goccioline d’acqua, la grande energia espressa da quello che possiamo chiamare uno “scontro fra elementi”, e forse solo così sarà possibile percepire questo fenomeno nella sua completezza.
Non sapevamo quale nome dare a quello che abbiamo visto e quindi abbiamo deciso per una denominazione di fantasia. In onore al primo esploratore che l’ha osservato, abbiamo deciso per “effetto blocher”. Parola dal suono forte e adatta a ciò che vuole indicare.

In seguito abbiamo pensato a quelle segnalazioni che, nel corso del 19° secolo, avevano riguardato alcuni punti del Carso. I “villici” locali affermavano che, in particolari circostanze, l’acqua del Timavo sotterraneo usciva addirittura all’esterno sul fondo di alcune doline, già conosciute per le correnti d’aria che si sviluppavano in occasione delle piene. In realtà non c’era nessuna risalita d’acqua (il dislivello era troppo grande) ma la pioggia, invece di infiltrarsi nel terreno, veniva ricacciata in superficie dalla violenza dell’aria in pressione. Anche in quelle occasioni, quindi, si manifestava il particolare “effetto blocher”,  non nelle profondità di una grotta come lo abbiamo osservato noi, ma addirittura in superficie.

Gli scavi e le esplorazioni alla Luftloch continuano e speriamo in imminenti e interessanti novità.